La cottura degli alimenti ha molti effetti positivi: intenerisce il cibo, uccide la maggior parte dei batteri, aumenta il gusto e l’aroma, facilita il compito dell’apparato digerente. Se non si sceglie la tecnica giusta o non la si applica correttamente, alla cottura si possono associare anche alcuni aspetti negativi quali la formazione di sostanze nocive e la distruzione o dispersione di alcuni principi nutritivi.

I tipi di cottura sono molti e ogni cibo può essere cucinato in più di un modo.

Vedremo ora i più diffusi indicandone le caratteristiche.

La cottura in acqua

È la bollitura, che viene impiegata per cuocere la pasta e il riso, oppure per la preparazione di verdure e carni lesse. Caratteristica di questa cottura è in genere quella di impoverire gli alimenti dei principi idrosolubili ( particolarmente le vitamine e i sali minerali). Riso e pasta richiedono acqua a ebollizione; carne e verdure, se impiegate per la preparazione di brodi, richiedono invece acqua fredda. Se invece si desidera un buon bollito e una verdura il più possibile integra sotto il profilo nutritivo, l’acqua deve essere già calda. Un modo per evitare la dispersione di preziosi nutrienti è cuocere la pasta nell’acqua di cottura delle verdure, una modalità di cottura che permette di far assorbire alla pasta le vitamine e i sali minerali dispersi dalle verdure durante la cottura.

La cottura a vapore

Per evitare o limitare l’effetto impoverente che si ha con la bollitura, si può cuocere escludendo il contatto dell’alimento con l’acqua (pentola a vapore) o riducendo i tempi di contatto con l’acqua (pentola a pressione). Cuocendo a temperature molto elevate, si riduce il tempo
di cottura e, poiché si cuoce in pochissima acqua, sali, vitamine (non quelle tremolabili) e aromi subiscono perdite molto basse.

La cottura nei grassi

Se la quantità di grassi è tale da coprire l’alimento durante la cottura, il procedimento prende il nome di frittura; se ricopre appena il fondo del tegame si parla di “cottura saltata”. La cottura nei grassi, in ogni caso, rende gli alimenti particolarmente gustosi: friggendo, il grasso raggiunge temperature alte e innesca particolari reazioni chimiche producendo sapori e aromi intensi; inoltre, l’alta temperatura favorisce la formazione della tipica “crosticina” che impedisce al gusto di uscire e disperdersi durante la cottura. Purtroppo, come spesso succede per le cose che più ci piacciono, anche i fritti non sono il massimo della salute. Con il calore i grassi si modificano formando composti poco digeribili sino a che, oltre una certa temperatura (punto di fumo), si decompongono, liberando una sostanza acre e irritante (acroleina) e lasciando a contatto con il cibo alcune sostanze (acidi grassi liberi) sicuramente nocivi. Se non si hanno problemi particolari, tuttavia, la frittura fa bene al fegato perché lo aiuta a lavorare meglio e stimola il metabolismo, limitata nel numero e nelle quantità e a patto che sia fatta nel modo giusto:

  • olio a temperatura elevata (180 gradi è la temperatura ideale)Se non disponete di un termometro da cucina immergete un pezzettino di pane. Se il pane va a fondo e non sale è inferiore a 150°C, se sale lentamente è di 150-160°C e se invece ci impiega pochi secondi a salire è di circa 165-175°C.
  • alimenti ben asciutti e non salati, estratti dall’olio prima che si colorino eccessivamente
  • è molto importante che tutti gli utensili utilizzati siano perfettamente asciutti: l’acqua a contatto con l’olio bollente evapora all’istante schizzando dappertutto e rischiando di ustionarvi
  • non riutilizzare lo stesso olio
Quale olio usare?

Il primo passo è scegliere un olio vegetale di qualità che vi permetta di cucinare ad alte temperature, dato che la maggior parte di questi perde le sue proprietà e alcuni diventano addirittura tossici. Gli oli più adeguati sono principalmente l’olio di arachide, seguito poi da alcuni tipi di olio d’oliva. Questi oli hanno infatti alcuni tra i punti di fumo più elevati. Gli altri oli a nostra disposizione, come quello di semi di mais o di sesamo, anch’essi molto salutari ma non adatti al calore, li conserveremo per condire piatti già cotti. Per capire se un’olio è adatto alla frittura dobbiamo considerare il suo punto di fumo e la quantità di acidi grassi polinsaturi presenti. Il punto di fumo di un olio può aumentare di molto in base al grado di raffinatura.

Saltare i cibi in padella

Un modo sano e veloce di cucinare è saltare i cibi in padella con un goccio d’olio. Potete usare anche una padella wok che arriva dalla cucina orientale poiché permette di conservare molto bene il calore rendendo i cibi croccanti e mantenendone tutto il sapore.

Il wok permette di saltare verdure, ma anche carne e pesce in modo da usare pochissimo olio, cuocere velocemente e in modo leggero. Quel che caratterizza la cottura saltata è che si usa poco olio, quello che basta per coprire a malapena il fondo della padella. Si possono cucinare così le verdure, soprattutto quelle estive, ma anche il pesce o il pollo in bocconcini. Per evitare di bruciare il condimento per prolungare la cottura è sufficiente aggiungere un po’ d’acqua.

Cottura al forno

La cottura al forno è un modo per ridurre il condimento, ancor più se utilizziamo la cottura con cartoccio.

La cottura al forno si basa sulla circolazione di aria calda intorno e
sul cibo.
Il forno elettrico comunemente usato, per irraggiamento e convezione, sviluppa temperature di 150-300°.
La cottura avviene in 2 passaggi: 1) l’urto termico iniziale, per favorire la formazione della crosta saporita sull’alimento; 2) il proseguimento e il termine della cottura fino al cuore del cibo.

La cottura al cartoccio è il connubio tra il gusto corposo della cottura al forno, con condimenti ed intingoli vari, e la capacità del vapore di preservare al massimo i nutrienti contenuti nelle pietanze. I cibi sono avvolti in un foglio di carta ad uso alimentare, dopo averle condite a piacimento con spezie, grassi ed aromi vari. Un vantaggio del cartoccio è che ben si presta a regimi ipocalorici in quanto è possibile eliminare i condimenti grassi. Specie la carne ed il pesce, infatti, una volta chiusi nel cartoccio rimangono a stretto contatto con il grasso ed i succhi fuoriusciti per effetto del calore, senza dispersione di sapori. L’aggiunta di condimenti vari, inoltre, può essere sostituita – almeno in parte – con grassi crudi a cottura ultimata. L’involucro, il cosiddetto cartoccio, è generalmente costituito dalla comune carta da forno, metallizzata o vegetale (nei Paesi tropicali si utilizzano le foglie di alcune piante), o da carta stagnola, che garantisce una chiusura più ermetica.

 

 

 

 

 

La scelta dell’involucro può variare il risultato finale: la carta, più porosa, unitamente a una temperatura più elevata, contribuisce all’omogenea doratura dell’alimento, mentre con un involucro impermeabile, come la carta stagnola, si ottengono pietanze più morbide, simili al lesso. Per disperdere parte dei grassi e dei liquidi è sufficiente praticare dei piccoli forellini nella stagnola.

Ora siete pronti per mettere alla prova alcuni di questi consigli direttamente nella vostra cucina!